lunedì 14 marzo 2016

Lo chiamavano Jeeg Robot

5 buoni motivi per cui Lo chiamavano Jeeg Robot è un trionfo del nostro Cinema:


1) perché fino ad ora in Italia non si era mai visto niente di simile, pur avendoci tentato qualche anno fa Salvatores con Il ragazzo invisibile ma riuscendoci solo in minima parte (nonostante un budget a disposizione di gran lunga superiore). Tuttavia Lo chiamavano Jeeg Robot è un qualcosa che riesce a prendere il meglio del cinema di puro intrattenimento made in USA mescolandolo alla perfezione con i recenti insegnamenti lasciatici in dono da Romanzo Criminale, Gomorra e Suburra: ne esce un'opera strepitosa che (più che a un qualsivoglia Spider-Mansi avvicina molto per forma a Unbreakable di M. Night Shyamalan e per sostanza a Kick-Ass di Matthew Vaughn
  
2) perché la regia (di Gabriele Mainetti) e la sceneggiatura calibratissima (di Menotti e Nicola Guaglianone) non hanno nulla da invidiare alle mega-produzioni hollywoodiane e fanno di Lo chiamavano Jeeg Robot un meraviglioso cinefumettone girato in modo veloce e moderno, che eccelle per l'ironia e per alcune trovate istrioniche dei suoi protagonisti: tutto ciò mescolando diversi registri stilistici a seconda che si stiano raccontando i risvolti drammatici di una love-story, la periferia romana e la sua fauna, i problemi di tutti i giorni dei supereroi, o gli attacchi terroristici che incombono su Roma

3) perché Claudio Santamaria (ingrassato di 20 kg per "dare peso" al personaggio) e Luca Marinelli (alias "Lo Zingaro") sono straordinari nel diventare un supereroe e un villain che, con tutte le differenze del caso, richiamano da vicino uno i tormenti e le angosce di Bruce Wayne e l'altro la megalomania e la follia distruttiva del Joker. Quello che però non fa di loro delle semplici macchiette, è l'aver saputo calare queste due figure nella cornice e nel contesto nostrano: hanno i superpoteri certo, ma li usano per svaligiare bancomat e furgoni portavalori (almeno all'inizio...) o per "fare il botto" allo Stadio Olimpico durante il derby e riconquistare così quella fama in passato solo assaporata grazie a Il Grande Fratello... anzi, a Buona Domenica

4) perché se a New York gli Avengers si erano ritrovati a combattere contro giganteschi alieni per salvare la Terra, qui i cattivi sono i piccoli criminali di Tor Bella Monaca o "al massimo" la Camorra che deve gestire i problemi causati da improvvisati spacciatori: non per questo però la lotta tra il bene e il male che ne deriva (per forza di cose anche più realistica) assume risvolti meno profondi. E quindi il percorso di formazione che deve vivere Santamaria (Hiroshi Shiba) nella sua "origin story" per diventare un vero eroe (Jeeg Robot d'Acciaio), passa attraverso bidoni tossici, budini alla vaniglia e film porno, ma anche una storia d'amore delicata e assurda al tempo stesso, per arrivare a uno scontro finale drammatico come ce lo si aspetta in un vero film di supereroi;

5) perché già dal titolo Lo chiamavano Jeeg Robot dimostra tutto il suo coraggio di voler essere un progetto paradossale, in grado di collegare la cultura pop dei fumetti americani con la mitologia più classica dei robot giapponesi e soprattutto con le specificità del territorio in cui la storia si svolge: e quindi, per quanto sia strano sentir parlare in romanaccio un supereroe che "si fa chiamare Jeeg", in attesa di un auspicato secondo capitolo, la scommessa di Mainetti può dirsi ampiamente vinta.   


Voto: 3 stelline e mezzo (ovviamente nella scala del Mereghetti dove il massimo è 4) 


www.lochiamavanojeegrobot.it