sabato 25 giugno 2016

Tutti vogliono qualcosa

5 buoni motivi per cui la musica fa dell'ultima opera di Richard Linkater una sorta di American Graffiti 2.0:


1) perché c'è il rap cantato a squarciagola in una sequenza iniziale da Jake - matricola appena arrivata al campus in attesa di cominciare i corsi - e dai suoi nuovi compagni: questa sequenza sancisce l'ingresso ufficiale del giovane lanciatore nella squadra di baseball dell'università texana e, da lì a tre giorni, nell'età adulta. Ed è proprio durante questo breve lasso di tempo prima dell'inizio delle attività scolastiche, che Jake ha modo di vivere una serie di esperienze in grado di fargli capire cosa vuol dire essere un giocatore professionista (il sogno dello stesso Linklater quando era un adolescente) e, soprattutto, smettere di essere un ragazzino per diventare un vero uomo;

2) perché c'è la dance music fatta di balli scatenati, luci stroboscopiche e colori sgargianti, a simboleggiare la voglia dei ragazzi di ballare, divertirsi e non pensare a niente. Per il gruppo l'unica cosa che conta è lo sfoggiare baffi folti e sempre curati, l'indossare vestiti variopinti e il vantare tecniche (più o meno efficaci) per rimorchiare: sono cose come queste ad aprire loro una serie pressoché infinità di possibilità, tutte indistintamente all'insegna dell'entusiasmo, dell'edonismo e del successo facile dovuto al semplice fatto di essere dei giocatori di baseball, vale a dire il meglio che - a prescindere - si può trovare all'interno dell'università;

3) perché c'è il country che descrive la capacità dei giovani di adattarsi a tutte le situazioni, anche quelle che in apparenza sembrano un mero ripiego. Quella fluidità di pensiero che permette loro di non perdere nemmeno un minuto del poco tempo a disposizione (continuamente scandito e ribadito dalle immagini), di godersi la vita fino all'ultimo sorso di birra, consapevoli del fatto che "i confini sono dove ognuno li trova". Con questa frase il film si chiude su un primo piano di Jake sorridente con la testa appoggiata sul banco mentre stanno iniziando le lezioni: un'immagine malinconica legata alla consapevolezza che l'intermezzo ludico è finito, ma al tempo stesso con la convinzione che la vera avventura - il bello, verrebbe da dire - inizia solo ora;

4) perché c'è il punk dove la rabbia prende forma pur non essendo riconducibile a nulla di preciso o di concreto, tant'è che in tutto il film non c'è nemmeno un rimando alla situazione che l'America sta vivendo all'inizio degli anni '80 al di fuori del campus. Che sia un concerto metal o il primo allenamento della squadra o anche solo la più ininfluente partita di ping pong, la cosa importante è metterci dentro tutta l'energia del mondo per non rischiare di perdere l'attimo: perché altrimenti ogni cosa può rivelarsi un'occasione persa in un mondo dove il tempo sembra non essere mai abbastanza e, di conseguenza, sprecarlo fermandosi a riflettere è un lusso che non ci si può permettere.

5) perché c'è il rock, quello di Patty Smith e di Jim Morrison, grazie al quale Jake può finalmente smettere di dover essere un Maschio Alfa e ,dopo 72 ore di irrequietezza, di passaggi da un locale all'altro, da uno stile all'altro, può tornare a essere se stesso. Lo fa mentre si innamora di Beverly, una giovane artista appena conosciuta (due sconosciuti che si innamorano proprio come Ethan Hawke e Julie Delpy a Vienna in Prima dell'alba): allora, se è vero che "tutti vogliono qualcosa" (in originale Everybod Wants Some!! dal titolo di una canzone dei Van Halen), come a chiudere un cerchio perfetto, Jake scoprirà che nel suo caso quel qualcosa è già stato preparato dal destino... da lì in poi starà solo a lui saperlo cogliere in tutta la sua pienezza.


Voto: 3 stelline e mezzo (ovviamente nella scala del Mereghetti dove il massimo è 4)

www.everybodywantssomemovie.com