1) perché è principalmente un grande film di guerra che omaggia, tra gli altri, capolavori come Full Metal Jacket (il film si apre con l'inquadratura del casco di un soldato che riporta la scritta "Monkey Killer") e soprattutto Apocalypse Now richiamato senza alcun sottinteso dal graffito "Ape-ocalypse Now" e dalla figura quasi mitologica del Colonnello impazzito (interpretato da un Woody Harrelson sempre più a suo agio nei ruoli esagerati): un novello Kurtz che si trova a combattere non solo contro le scimmie ma anche contro quegli stessi soldati che prima lo avevano inviato in missione;
2) perché è anche un film dal respiro epico tipico dei grandi western del passato, con le scimmie nel ruolo degli indiani e i soldati americani in quello dei cowboy costantemente incapaci di imparare dagli errori del passato: i villaggi devastati e abbandonati, gli inseguimenti a cavallo in splendidi paesaggi fatti di boschi cupi e di montagne innevate, i componimenti lirici di Michael Giacchino che rimandano direttamente a Sergio Leone. La prima parte di The War è fatta di poche, pochissime parole, come devono essere appunto i film sui cowboy e gli indiani, e tanti sguardi silenziosi a preparare il terreno per una seconda che degenera inesorabilmente verso la rabbia e la follia;
3) perché diventa un film carcerario, a tratti disperato nel narrare le condizioni delle scimmie recluse, che racconta della loro evasione dal campo di concentramento in cui i soldati le avevano rinchiuse: Matt Reeves (già regista del secondo atto della trilogia e prima di Cloverfield) lo fa ammiccando con furbizia a grandi classici del passato come La Grande Fuga o a Fuga per la vittoria ma senza mai risultare pretestuoso o scontato nel farlo. E in un mondo dove tutti sono sempre pronti a caricare le armi e a distruggere il diverso, la luce viene portata da Nova, una bambina vittima di un virus e "adottata" dalle scimmie perchè non volevano venisse uccisa dagli uomini: come la bambina dal cappotto rosso in Schindler's List, aggirandosi fra gli orrori avvolta da un'aurea di invulnerabilità, è lei a farsi portatrice di un messaggio di innocenza e di speranza;
4) perché resta pur sempre un film d'azione e di vendetta, dove il confine tra buoni e cattivi, tra scimmie e uomini, si fa davvero labile: e allora Cesare, sempre più pieno di conflitti interiori, diventa un condottiero ferito nell'anima che scena dopo scena arriva a cambiare profondamente il suo essere violento e sanguinario fino a scoprirsi addirittura all'opposto della propria natura. A Reeves va il merito di condurci fino alla fine del film, che tutti sicuramente riescono a immaginare pur non sapendo come ci si arriverà, senza mai strafare ma approfittando anche delle scene d'azione più dure per riflettere sui alcuni temi nodali come quelli dei due leader- Cesare e il Colonnello - costretti a fare i conti con l'odio e la paura da un lato, la sofferenza e la pietà dall'altro;
5) perché, infine, è un film dove le scimmie (il cui realismo grafico ed emotivo a tratti è addirittura sconcertante) riescono a chiudere la trilogia dando vita a un cambio di prospettiva assoluto rispetto agli albori che ben prepara il terreno per il ricongiungimento col film originale: incapaci di perdere la loro emotività, infatti, prendono il sopravvento sugli uomini non solo per quel che concerne il predominio fisico sulla Terra ma soprattutto in quel senso di pietà che dovrebbe appartenere alla razza umana e non alla loro.
Voto: 3 stelline (ovviamente nella scala del Mereghetti dove il massimo è 4)
www.war-for-the-planet-of-the-apes.com
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