2) perché ha un cast di comprimari stellare: Sean Penn costruisce un antagonista inquietante e grottesco, capace di incarnare le ombre del potere; Benicio Del Toro porta il suo carisma ruvido e magnetico che aggiunge profondità (e comicità) a ogni scena; Chase Infiniti sorprende per freschezza ed energia, offrendo il contrappunto emotivo più autentico. Non sono semplici presenze di contorno ma ognuno trova il proprio spazio contribuendo a un racconto corale che amplifica l’impatto di DiCaprio e arricchisce l’universo del film;
3) perché Paul Thomas Anderson osa ancora una volta e mescola cinema d’autore e spettacolo puro, alternando azione, satira e dramma con un coraggio che pochi oggi possiedono: la sua regia abbatte i confini tra intrattenimento e ricerca, orchestrando una storia che scivola con naturalezza da momenti epici e spettacolari a passaggi intimi e contemplativi. Anderson non cerca mai la via più semplice: preferisce rischiare inserendo deviazioni narrative e scelte stilistiche che sorprendono senza tradire la coerenza del film. Così ogni scena diventa un terreno di sperimentazione dove l’epica visiva si intreccia con riflessioni profonde sul presente dimostrando che il cinema può ancora essere al tempo stesso popolare e autoriale;
5) perché è un film che ci parla dell’oggi evitando semplificazioni e mettendo in scena le contraddizioni del nostro tempo tra polarizzazioni ideologiche e il prezzo di utopie infrante. Una battaglia dopo l’altra è uno splendido affresco che intreccia pubblico e privato, grandi conflitti e fragilità quotidiane, interrogandoci senza però offrire facili risposte. E risulta così potente proprio perché ci costringe a guardare in faccia il presente con le sue lacerazioni e le speranze ancora aperte.
Voto: 4 stelline (ovviamente nella scala del Mereghetti dove il massimo è 4)
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