
2) perché lo Snowpiercer è metafora di una società distopica dove i poveri e i derelitti sono confinati negli ultimi vagoni del treno, schiavizzati e trattati come bestie, mentre i ricchi soggiornano impietosi nelle prime carrozze pensando solo al loro lussurioso e futile divertimento. Ma in ogni società la rivoluzione è sempre dietro l'angolo e allora ecco arrivare la ribellione degli oppressi guidati dal leader Curtis (Chris Evans): un rivoluzionario, proprio come era stato V in V for Vendetta, che vuole conquistare la testa del convoglio, la "Sacra Locomotiva", e spodestare il fantomatico Wilford (Ed Harris), colui che prima ha creato il treno, poi lo ha diviso in classi sociali immutabili, per divenirne infine guardiano e controllore.
3) perché i personaggi sono stati costruiti, vestiti e truccati con estrema sapienza e con uno stile fumettistico (non dimentichiamoci che Snowpiercer è tratto dalla serie a fumetti francese La Transperceneige) che rimanda in modo volutamente sfacciato a Brazil, il grottesco capolavoro fantascientifico di Terry Gilliam. Su tutti una occhialuta e irriconoscibile Tilda Swinton, nel ruolo della sadica e crudele Ministra, in un'interpretazione destinata a diventare cult.
4) perché l'atmosfera claustrofobica che si respira all'interno dei vagoni (tutti ipertecnologici benché gli ultimi siano cupi e degradati mentre, procedendo verso la testa del treno, gli scompartimenti diventino sempre più sgargianti e pacchiani), non impedisce ai protagonisti una serie di combattimenti tipicamente di genere: violenti e adrenalinici, quasi in stile videogame, ma a tratti anche poetici. Un po' come quelli ormai leggendari di Neo in Matrix.
5) perché Snowpiercer è un vero gioiello, a metà tra poesia e violenza, tra film d'autore e blockbuster, che grazie alla mano sapiente del coreano Joon-Ho Bong (autore tra gli altri di Old Boy) ci spinge a una riflessione a più livelli sulla natura dell'uomo di cui mostra il lato più oscuro. E lo fa lasciandoci letteralmente sospesi tra lo smarrimento totale e una fievole speranza, come già fece Ridley Scott (e Philip K. Dick prima di lui) con Blade Runner.
Voto: 3 stelline e mezzo (ovviamente nella scala del Mereghetti dove il massimo è 4)