5 buoni motivi per cui Giurato Numero 2 è un film di Clint Eastwood nella sua essenza più
pura:
1) perché esplora temi complessi tipicamente eastwoodiani quali la colpa, la verità e la giustizia, attraverso la storia di Justin Kemp, un giurato che quando inizia il processo scopre di avere legami personali con il crimine su cui è chiamato a votare. Giurato Numero 2, in modo raffinato e machiavellico, solleva una serie di interrogativi sulla moralità e sull’etica di alcune scelte individuali che in situazioni estreme potrebbero essere prese da ciascuno di noi;
2) perché Eastwood adotta, come sempre, uno
stile di regia sobrio focalizzandosi sui personaggi e sulle loro emozioni
senza ricorrere a inutili orpelli tecnici: questa scelta essenziale amplifica l'impatto
emotivo della storia mettendo in risalto la complessità del sistema
giudiziario. Eastwood evita abilmente qualunque eccesso visivo e muove la sua
macchina da presa con calma lasciando che siano i volti, gli sguardi e i
silenzi a raccontare il dramma: l'illuminazione naturale e i colori neutri,
inoltre, contribuiscono a creare un senso di realtà cruda che trasforma il
tribunale in un’arena dove si gioca la battaglia tra giustizia e verità.
Anche la colonna sonora minimalista lascia spesso spazio a silenzi carichi
di significato che rafforzano l’angoscia del protagonista;
3) perché le
interpretazioni attoriali sono di altissimo livello: Nicholas Hoult offre
una performance intensa e divisiva nel ruolo di Justin Kemp dilaniato da
un conflitto interiore che lo rende simbolo della fragilità umana, mentre
Toni Collette interpreta con maestria il procuratore Faith Killebrew la
cui carriera dipende in gran parte dall’esito del processo e incarna da
un lato la determinazione della giustizia e dall’altro le ambiguità di un
sistema che spesso confonde la ricerca della verità con la necessità di
ottenere una condanna. Le loro interazioni contribuiscono gradualmente a
creare una tensione sempre più palpabile che mantiene gli spettatori
coinvolti dalla prima all’ultima scena;
4) perché mette
in luce come i pregiudizi personali possano influenzare le scelte dei
giurati, invitando lo spettatore a riflettere sulla complessità della
ricerca della verità e sull'imparzialità della giustizia: la risposta non
è mai facile né immediata ed è per questo che Eastwood esorta a riflettere
su come si possa essere davvero imparziali nel giudicare qualcuno e su
quanto il sistema giuridico americano, costruito su umane debolezze, possa
garantire una giustizia davvero autentica;
Voto: 3 stelline e mezzo (ovviamente nella scala del Mereghetti dove il massimo è 4)